Le Cinque Torri

Nel cuore delle Dolomiti Ampezzane, al cospetto di autentici monumenti naturali


Alta Badia, fine di un inverno intenso, ancora buono però per una proficua e divertente e rilasante settimana sugli sci. Panorami bellissimi, a perdita d’occhio montagne, e che montagne, le Dolomiti. Baciati da un meteo più che clemente per quasi tutti i giorni abbiamo avuto intorno alcuni dei ruppi montuosi più belli di questo patrimonio inestimabile per il genere umano: Il Piz Boè, la Gardenaccia, le Conturinas, le Fanes e la Marmolada. Ci scii in mezzo, nonostante sei sulle piste si aprono certi panorami che ti sembra di essere all’interno di una cartolina, e allora lasci stare l’agonismo e te ne vai il più delle volte lento, a testa alta, a non perderti nessun particolare. Eppure ogni giorno ce ne è qualcuno di nuovo, qualcuno in più, eppure nonostante tutto qualcosa mancava ancora per la perfezione. Erano i tempi che non andavano bene, che non erano quelli usuali; per quanto accantoni l’agonismo lo sci è velocità, è concentrazione, le immagini ti sfuggono, se le vedi non hai il tempo di farle tue. Scegli il rifugio dove mangiare, lo scegli sulla base del panorama che puoi godere e dell’ambiente il più possibile confidenziale, ma per quanto cerchi di isolarti intorno c’è sempre confusione, c’è sempre troppa gente. Ed è così che scatta l’esigenza di ritrovare ciò che siamo abituati ad avere dalla montagna, il silenzio, l’intimità degli scorci che sembrano appartenere solo a te, l’intima soddisfazione di conquistare, con un po’ di fatica, la sella, la cima, il rifugio, quel punto preciso che ti fa affacciare dall’altra parte, quella meta esatta che ti porti dentro dalla sera precedente. Mi ero portato le carte della val Badia e delle zone limitrofe, lo sapevamo che non avremmo resistito ad una settimana di sci; abbiamo portato scarponi e ciaspole, uno zaino e tutto l’occorrente per una giornata di montagna vera, forse anche per due sarebbe bastato il materiale. Il Mercoledì è scattata l’ora “X”, per il giorno successivo il meteo assicurava condizioni stabili e sole, la voglia di tempi lenti strabordava, era giunto il momento di lasciare gli sci nella ski room. Ora il dilemma era, con tutto quel ben di roccia che c’era intorno, dove dirigere le ciapole? Non sono digiuno di Dolomiti, ma è cosa molto diversa che andare per montagne che conosci perché le frequenti assiduamente; sapere di avere un colpo in canna e sentirti l’obbligo di non sbagliarlo ti mette un po’ di ansia. Se almeno questa escursione l’avessi preparata a casa. Alla fine è stato meno difficile di quanto si possa pensare, anzi è stato paradossalmente facile; è bastato stabilire dei criteri chiave, eliminare sterili passeggiate nei boschi senza una meta, eliminare le vette irraggiungibili in questa stagione e trovare un “must” di quest’angolo di Dolomiti, le Cinque Torri, quei magnifici monoliti sopra il Passo Falzarego, sopra Cortina; cosa puoi pretendere di più? Il sentiero perfetto, con un discreto dislivello, fuori dalla confusione e lontano dalle piste, una traccia certa e ben segnata è venuta fuori da una ricerca sul web; è bastato inserire le chiavi di ricerca ciaspolata e Cinque Torri e il primo suggerimento ci è sembrato facesse al caso nostro. Dalla Val Badia risaliamo fino al Passo Valparola, facciamo sfilare il Lagazuoi alla nostra sinistra fino ad arrivare al Passo Falzarego. Per cinque chilometri e mezzo in direzione Cortina fino ad intercettare il ponticello sul Ru Bianco. Benedette segnaletiche trentine, nulla è lasciato al caso. Poco oltre il piccolo ruscello, comunque in questa stagione sommerso dalla neve, è inequivocabile l’inizio del sentiero; un po’ più in là uno spiazzo per parcheggiare l’auto, siamo intorno a quota 1700 mt, intorno solo alti abeti, ampie radure immacolate, luce, tanta luce e la mole incombente della Tofana di Rozes, una parete rossastra di quasi 1500 metri che incombe verticale alle nostre spalle e sopra di noi; la sua presenza si farà sentire praticamente tutto il giorno, un solo breve momento, quando giriamo intorno alla grande torre, sparirà dal nostro orizzonte. Dalla strada attraversiamo la piana, e il Ru Bianco, qui gaiamente rumoroso e prendiamo a salire leggermente su quella che in estate deve essere a tutti gli effetti una carrareccia percorribile. Nonostante conduca facilmente al nostro obiettivo la abbandoniamo ben presto, una segnaletica efficientissima ci fa girare a destra, all’interno del bosco, sentiero 359, per le Cinque Torri, per il rifugio omonimo, per lo Scoiattoli e per il Nuvolau. Una traccia sottile, a tratti sembra una trincea tanto si insinua tra alti cumuli nevosi, già leggermente battuta e per questo più facile da seguire, sale ripida dentro il bosco aggirando abeti meravigliosi e spogli larici; sale sul versante che da verso valle, quello dove incombe la piramide della Tofana. Ampie svolte, lunghe diagonali attraverso un bosco ora più fitto ora più arioso, il sentiero sale veloce, incrocia di nuovo la carrareccia e poi la traccia del sentiero che sale dal piazzare della funivia. E finalmente è solo silenzio e profumo di resina, il mondo dei giorni precedenti sembra lontano anni luce, le ciaspole che a tratti trovano ghiaccio si macchiano della sua profanazione. Alcuni scialpinisti ci superano veloci, spariscono nei pressi di una sella, ormai al limitare del bosco, quasi intorno ai 2000 metri. Una sella che è una linea sull’orizzonte, una linea che ad ogni passo scopre prima guglie e picchi, poi massicci enormi e poi una valle infinita. L’intimità del bosco si espande nella valle dove sappiamo sotto, in fondo, esserci Cortina D’Ampezzo; ma è ciò che la contiene che sbalordisce, l’orizzonte è formato dal monte Cristallo, dal gruppo delle Sorapis, dal gruppo delle Marmarole, frastagliatissimo e affascinante, sopra di noi è la Torre grande che svetta monolitica e dietro sempre incombe la Tofana. Dove guardare? Cosa cercare? Dove fermare lo sguardo, ingordo di tanta montagna, di tanta bellezza, di tanta verticalità, di tanto di tutto quasi a voler dire di troppo? Il sentiero spiana, gira intorno alle Torri, ora libere dal bosco in bella vista, enormi massi separati tra loro, monolitici, enormi, sottili, verticali, inclinati, sembrano spuntare dalla terra di netto. Il rifugio Cinque Torri è chiuso, sprangato, nemmeno da queste parti si vive fuori stagione; lo superiamo sulla sterrata che ora sfiora la grande Torre, un parallelepipedo inclinato negativamente sul sentiero che sembra doverti crollare addosso da un momento all’altro. Magnifica ed incombente presenza. La valle sottostante, una ampia ed immacolata bianca distesa interrotta qua e là da sottili orme di animali culmina sui picchi Averau e Nuvolau, quest’ultimo raggiungibile con una lunga, poco inclinata dorsale. Chissà quale magnifico panorama si potrà godere da lassù, peccato che il rifugio al culmine della dorsale sia chiuso. Ma il nostro obiettivo sono le Cinque Torri, preferiamo non distoglierci dal progetto iniziale. Ritroviamo confusione però, perché sulla sella che raggiungiamo arrivano le piste da sci del versante opposto. Purtroppo o per fortuna queste permettono però al rifugio Scoiattoli di rimanere aperto. Una babele di lingue, l’ambiente è di nuovo quello dei giorno precedenti, sdraio, boccali di birre, piatti da farti venire l’acquolina in bocca ma in più anche un balcone sui 2200 metri nel centro di tante montagne uniche e bellissime. Mi costituisco, lo zaino era privo di scorte alimentari, contavamo sul rifugio all’ombra delle Cinque Torri, in fondo eravamo sempre in vacanza e ne abbiamo approfittato. Un aperitivo a rimirare le Torri, poi una bella mangiata all’aria aperta, al sole e al riparo dal vento. Come dice Marina, “questa si che è vita!”. Basta allontanarsi di pochi metri dal rifugio e si è di nuovo soli; il panorama è letteralmente a 360 gradi, impossibile trattenersi dallo scattare uno spropositato numero di foto. Molte saranno inutili e ripetute, sarà la mannaia della selezione casalinga che farà ordine, per adesso la mania del click impazza. Un po’ appesantiti dal cibo ripartiamo per il ritorno, ma il giro non è terminato; una piccola traccia si dirige verso le Torri, non sappiamo bene dove e come proseguirà, ma avvicinarsi a quei monumenti non è cosa da tutti i giorni, male che vada si ritornerà indietro per intercettare di nuovo il sentiero dell’andata. La traccia conduce in pochi istanti fuori dalla confusione, poche centinaia di metri, pochi avvallamenti e siamo di nuovo soli, anzi in compagnia di questi monoliti e della piramide della Tofana che non smette mai un momento di dominare il mondo. Il sentiero offre degli scorci immensamente belli, si insinua tra i blocchi franati delle torri, tra i fossi che scendono dalla sommità; si incastrano dentro avvallamenti e risalgono per regalare altri scorci davvero mozzafiato; sfiora alcune delle torri, che ci sovrastano. Pareti piene di appigli si alternano a lisce lastre verticali, alcune sono attrezzate, palestre di lusso per gli amanti dell’arrampicata; la torre grande che da lontano sembrava essere un monolite perfettamente squadrato è profondamente inciso da spaccature e crolli. Grossi massi sono in bilico, appoggiati, dentro quelle enormi fessure; nello stesso momento sento ammirazione e repulsione, capisco che è il mondo perfetto degli alpinisti e degli arrampicatori ma sembra tutto così instabile. Ricordo anche la notizia di un crollo recente di una delle Torri, mi rattristo al pensiero che siano destinate a diventare sabbia ma è solo un attimo. Perché il sentiero entra proprio nel mezzo delle Torri, tra quella inglese e la quarta bassa; sale e scende, si insinua fino ad un balcone delimitato da una staccionata, oltre il baratro ma anche una meravigliosa vista verso il Cristallo. Non si passa; l’ambiente è suggestivo, sembra un labirinto, pilastri piccoli, grandi ed enormi svettano tutto intorno, gli puoi girare intorno, toccarli, devi farti venire il torcicollo per cercare le loro sommità. La traccia battuta aveva un incrocio pochi passi indietro, lo ritroviamo e prendiamo l’altra direzione, che scende ripida, si insinua in quello che sembra un buco che termina ai piedi della Quarta Torre; diventa stretto il passaggio e buio, sempre più buio fin tanto che non ti appoggi al pilastro e scorgi dall’altra parte la luce oltre il passaggio. Da rimanere sbalorditi. Dentro una forra profonda, dove non sembra esserci via d’uscita, i due blocchi, due delle Torri, sono leggermente inclinati e appoggiati tra loro. Un metro di larghezza il passaggio, una quindicina di lunghezza è alto circa sei metri. Neve sul fondo, ci passo oltre e ti trovi sull’altro versante dove il sentiero continua sinuoso tra i tanti blocchi di pietra disseminati sul pendio. Le Torri incombono e impediscono al sole di fare luce, il buio contrasta con la luce dell’orizzonte, profili verticali di sparuti abeti e larici contrastano con le infinite tonde immacolate gobbe del terreno mentre tutto è dominato dalle Tofane, dal Cristallo dal Sorapis e dalle Marmarole. Eravamo come bambini alle prese con un gioco nuovo, il più bello, il più desiderato quello per niente previsto. Chi ci pensava di compiere un anello intorno alle Cinque Torri, non solo, come potevamo pensare che le avremmo letteralmente attraversate? Un motivo, solo un valido motivo per desiderare di andar via da un paradiso del genere! E come sempre anche le cose più belle, i momenti più intensi hanno una fine. Continuando a fidarci della flebile traccia continuiamo a seguirla sprofondando, nonostante le ciaspole, dentro strati altissimi di neve. Uno sguardo indietro già carico di nostalgia ogni due passi, continuiamo a scendere certi che avremmo incontrato il sentiero dell’andata. Lo incrociamo proprio sulla sella dove ci fermiamo ancora un momento per cercare di trattenere il più possibile di ciò che abbiamo davanti; da li a poco sarebbe stato solo un bosco stupendo e la magnifica Tofana. Sembra davvero brutto dire che era poca cosa rispetto a tutto quello che stavamo abbandonando. Terra del Cadore quella davanti, Veneto, le Dolomiti di Sesto poco più in là, mentre le sto perdendo mi consolo pensando di averla immaginata come la nostra prossima meta alpina, in stagione stiva questa volta. Il ritorno è veloce, stesso percorso dell’andata. Il silenzio ritorna ad essere il padrone di tutto, di tutto meno che della Tofana di Rozes che col sole che sta scendendo sta assumendo tutte le sfumature del rosso. Non ci abbandonerà fino alla fine del sentiero. Mesto il rientro, torniamo in auto in mezzo ad un tripudio di colori; le ombre si allungano, i rossi delle rocce assumono sfumature pazzesche mentre il cielo è sempre più turchese. Dolomiti patrimonio dell’Unesco. E ne hanno un’ottima e scontata ragione per esserlo. Domani sarà ancora sci, oggi è stata montagna, incredibile, bellissima, strabiliante montagna.